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Assegno divorzile all’ex moglie se età, disabilità e precarietà lavorativa le rendono difficile un’esistenza dignitosa

Può risultare rilevante, però, anche la sproporzione patrimoniale tra i due ex coniugi

Assegno divorzile all’ex moglie se età, disabilità e precarietà lavorativa le rendono difficile un’esistenza dignitosa

L’assegno di divorzio presuppone, nella sua funzione assistenziale, un rigoroso accertamento dello squilibrio tra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti al momento del divorzio. Perciò, in assenza di prova che tale squilibrio sia effetto del sacrificio del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari, l’assegno può giustificarsi solo per esigenze strettamente assistenziali, ravvisabili quando il coniuge più debole non abbia mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa o non possa procurarseli per ragioni oggettive. E nella valutazione di tali ragioni oggettive è necessario considerare elementi quali l’età avanzata, lo stato di disabilità e la precarietà lavorativa, nonché la rilevante sproporzione patrimoniale tra i due ex coniugi. Questi i paletti fissati dai giudici (ordinanza numero 3506 dell’11 febbraio 2025 della Cassazione), i quali, analizzando la specifica vicenda, ritengono plausibile il riconoscimento dell’assegno divorzile alla donna, in controtendenza rispetto alla revoca sancita in Appello a fronte dei 350 euro mensili stabiliti in Tribunale. In secondo grado i giudici hanno osservato, da un lato, che il matrimonio è avvenuto allorquando la donna aveva già compiuto 45 anni ed aveva certamente impostato correttamente la propria vita ed il proprio mantenimento, e, dall’altro, che il matrimonio stesso è durato solo nove anni, e hanno poi rilevato la mancanza di prove provate in merito alla esistenza di una sperequazione economica tra i due ex coniugi dovuta a scelte funzionali alla famiglia e tale da non consentire oggi alla donna una vita dignitosa, con conseguente compensazione in suo favore di tale sacrificio. A fronte di tali osservazioni, però, i magistrati di Cassazione richiamano il principio secondo cui l’assegno di divorzio, avente funzione anche perequativa-compensativa, presuppone un rigoroso accertamento del fatto che lo squilibrio tra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti, presente al momento del divorzio, sia l’effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari, mentre, in assenza di prova di tale nesso causale, l’assegno può giustificarsi solo per esigenze strettamente assistenziali, ravvisabili laddove il coniuge più debole non abbia i mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa o non possa procurarseli per ragioni oggettive. E, ragionando in questa ottica, i giudici annotano che, nella specifica vicenda, la donna ha allegato il notevole squilibrio tra la situazione patrimoniale propria e quella dell’ex marito, e il fatto di essere impossidente e di non poter ricercare un lavoro, essendo disabile al 75 per cento, considerata anche l’età avanzata, di quasi 70 anni. In Appello ci si è soffermati sul lavoro continuativo, sebbene in maniera irregolare, della donna, ma l’irregolarità del lavoro prestato, osservano i giudici di Cassazione, è un fatto che – a prescindere dalle violazioni di legge relative ai diritti spettanti alla lavoratrice – oggettivamente rende incerta la prosecuzione dell’attività che risultava svolta dalla donna. Tirando le somme, a fronte della sperequazione tra redditi e patrimoni tra i due ex coniugi – anche tenendo presente che l’uomo risulta essere proprietario di ben diciannove immobili e quasi cento porzioni di terreno –, pare plausibile il riconoscimento dell’assegno divorzile in favore della donna.

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