Gestione di una discarica: il mero prolungamento della durata d’esercizio non richiede una nuova autorizzazione
I giudici sottolineano che non viene modificato di per sé il perimetro dell’installazione né viene rivista la capacità di stoccaggio come prevista nell’autorizzazione iniziale

Il mero prolungamento della durata d’esercizio di una discarica di rifiuti non costituisce una modifica sostanziale rispetto all’originaria autorizzazione d’installazione. Di conseguenza, per tale prolungamento il gestore della discarica non deve richiedere una nuova autorizzazione. E lo Stato non è obbligato a consentire ai cittadini di partecipare al processo decisionale o a garantire loro il diritto di ricorrere alla giustizia per contestare la legittimità del provvedimento adottato. Riflettori puntati, nello specifico, su una discarica di rifiuti nella Repubblica Ceca e sul prolungamento, concesso alla società che la gestisce, rispetto alla originaria data di chiusura. Coinvolta anche un’associazione ceca che opera per la tutela dell’ambiente. I giudici fanno rilevare che costituiscono una modifica sostanziale di un’installazione o di un impianto, da un lato, il suo potenziamento e, dall’altro, la modifica delle sue caratteristiche o del suo funzionamento, sempreché essi possano avere effetti negativi significativi per la salute umana o per l’ambiente. Invece, il mero prolungamento della durata d’esercizio di una discarica di rifiuti non modifica di per sé il perimetro dell’installazione né la capacità di stoccaggio come prevista nell’autorizzazione iniziale e non costituisce quindi un potenziamento dell’installazione. Allo stesso modo, il mero prolungamento del periodo di messa in discarica non costituisce una modifica dell’installazione, che si tratti delle sue caratteristiche o del suo funzionamento. Ne consegue che gli Stati non sono tenuti a esigere dal gestore di una discarica che solleciti una nuova autorizzazione allorché questi domandi semplicemente un tale prolungamento nei limiti della capacità totale di stoccaggio che è già stata autorizzata. (Sentenza del 2 giugno 2022 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)