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Gli elenchi messi a disposizione da clienti e fornitori del contribuente legittimano l’accertamento

Possibile dall’esame di quella documentazione trarre, in sostanza, l’esistenza di ulteriore reddito imponibile

Gli elenchi messi a disposizione da clienti e fornitori del contribuente legittimano l’accertamento

Solido l’accertamento fiscale se supportato sul piano probatorio dal riferimento agli elenchi dei clienti e dei fornitori del contribuente. Ciò perché quelle rinvenute nell’elenco fornitori inviato dai clienti all’Agenzia delle Entrate non costituiscono mere annotazioni, ma corrispondono a fatture regolarmente registrate in corrispondenza di prestazioni di servizi ricevute o di beni acquistati dal soggetto emittente la corrispondente fattura sulla quale il cliente, in quanto titolare di partita IVA, è legittimato a detrarre la relativa imposta ed aventi perciò valore probatorio in ordine all’acquisto di beni. Consequenziale la conclusione per cui, nell’ottica della ripresa tributaria in materia di IVA, gli elenchi dei fornitori allegati alle dichiarazioni di soggetti terzi sono utilizzabili ai fini dell’accertamento poiché, per un verso, gli atti dei quali l’Amministrazione finanziaria può avvalersi non costituiscono un numero chiuso, e, per altro, è autorizzato il ricorso agli elenchi contenuti nelle dichiarazioni di altri contribuenti, atteso che detti elenchi costituiscono, in base alle circostanze concrete, elemento per presumere che la prestazione è stata effettivamente posta in essere e retribuita. Logico, quindi, ritenere che dall’esame degli elenchi allegati alle dichiarazioni dei clienti del contribuente possa trarsi l’esistenza di ulteriore reddito imponibile. (Ordinanza 11830 del 12 aprile 2022 della Corte di Cassazione)

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