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Sinistro causato da un dosso non segnalato: responsabilità dell’ente locale a prescindere dell’esistenza di una situazione di insidia

Il soggetto danneggiato non è onerato di provare altro all’infuori del nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso e, in special modo, non certo di dare la prova positiva della natura insidiosa della prima o della carenza di propria colpa

Sinistro causato da un dosso non segnalato: responsabilità dell’ente locale a prescindere dell’esistenza di una situazione di insidia

In materia di danni cagionati da cose in custodia, la responsabilità per i danni cagionati dalla condizione del manto stradale prescinde dalla prova della ricorrenza di una situazione di insidia, essendo sufficiente la dimostrazione del nesso tra la cosa e l’evento dannoso, potendo tale responsabilità escludersi grazie alla dimostrazione, di cui è onerato il custode, della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, delle condotte del danneggiato o di un terzo, rispettivamente anche solo colpose e imprevedibili, alla produzione dei danno.
Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 8450 del 31 marzo 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso originato da un sinistro stradale verificatosi in un piccolo paese campano e causato dalla presenza di un dosso non segnalato.
Per meglio inquadrare la questione, i giudici partono, in materia di danni originanti da disconnessioni o buche presenti sul manto stradale, dai concetti di negligenza della vittima e di imprevedibilità della sua condotta da parte del custode. Su questo fronte, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del soggetto danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
Alla luce di tale principio, la responsabilità per danno da cose in custodia, proprio perché ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa (bastando, appunto, la sola colpa del leso, senza che la condotta del danneggiato debba presentare ulteriori connotazioni, nonché, indefettibilmente, la seconda, dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole.
Deve, perciò, ribadirsi che, in tema di responsabilità per cosa in custodia, l’incidenza causale (concorrente o esclusiva) del comportamento del danneggiato presuppone che lo stesso abbia natura colposa, non richiedendosi, invece, che la condotta si presenti anche come autonoma, eccezionale, imprevedibile e inevitabile.
Tornando alla vicenda oggetto del processo, i giudici sottolineano l’irrilevanza, sul piano dell’accertamento causale, della natura insidiosa della cosa in custodia o della percepibilità ed evitabilità dell’insidia da parte del danneggiato. Perciò, il soggetto danneggiato non è onerato di provare altro all’infuori del nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso e, in special modo, non certo di dare la prova positiva della natura insidiosa della prima o della carenza di propria colpa, elementi, questi, che spetta al custode provare come sussistenti con caratteristiche tali da consentire, in base ad un rigoroso apprezzamento di fatto, di raffigurarli come idonei ad attenuare o finanche ad elidere il nesso di causalità con la cosa custodita.

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