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Assegnazione della casa familiare: non automatica per il genitore collocatario del figlio minorenne

Necessario comunque valutare esclusivamente l’interesse preminente del figlio minore per capire se il trasferimento nella casa coniugale potrebbe comportare un pregiudizio per il suo benessere psico-fisico

Assegnazione della casa familiare: non automatica per il genitore collocatario del figlio minorenne

Esclusa l’automaticità dell’assegnazione della casa familiare al genitore collocatario del figlio minorenne. Ciò perché è necessario comunque valutare esclusivamente l’interesse preminente del figlio minore per capire se il trasferimento nella casa coniugale potrebbe comportare un pregiudizio per il suo benessere psico-fisico, tenuto conto del suo habitat domestico attualmente consolidato e delle relazioni affettive e sociali nel frattempo da lui sviluppate in quell’ambiente.
Questi i principi applicati dai giudici (ordinanza numero 14460 del 30 maggio 2025 della Cassazione), i quali hanno definitivamente respinto l’istanza avanzata da una donna, la quale, a seguito della separazione dal marito, è stata indicata come genitore collocatario della figlia e ha preteso anche l’assegnazione della casa condivisa con l’uomo durante il matrimonio.
Per fare chiarezza, viene richiamato, innanzitutto, il principio secondo cui, nei casi di crisi familiare, nel regolare il godimento della casa familiare bisogna tener conto esclusivamente del primario interesse del figlio minore, con la conseguenza che l’abitazione in cui quest’ultimo ha vissuto, quando la famiglia era unita, deve essere di regola assegnata al genitore presso cui il minore è collocato con prevalenza, a meno che, e questo è il passaggio importante per i giudici, non venga esplicitata una diversa soluzione (anche concordata dai genitori) che meglio tuteli l’interesse del minore.
Difatti, nella vicenda in esame, il trasferimento della minore presso l’ex casa coniugale pare rappresentare soluzione non conforme al suo interesse, in ragione tanto del fatto che ciò può comportare una traumatica recisione di tutte le abitudini di vita domestica, affettiva (stante il forte legame con la nonna materna) e scolastica, consolidatesi a partire dal 2018, dunque per un lungo periodo (maggiore, stante la tenera età della bambina, di quello trascorso presso la casa familiare con il padre), quanto del fatto che il trasferimento nella casa coniugale, unitamente alla madre, rischia di esporla nuovamente alla conflittualità tra la madre e la nonna paterna (tuttora residente nella palazzina in cui è collocata anche la casa familiare), conflittualità che è stata così accesa, in passato, da determinare – a detta della stessa donna – la crisi della coppia e l’allontanamento suo e della bambina dalla casa coniugale.

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