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Gli intervalli di lucidità del soggetto rendono valido l’atto negoziale

Impossibile ritenerlo incapace di intendere e di volere nella firma della procura a vendere un immobile

Gli intervalli di lucidità del soggetto rendono valido l’atto negoziale

L’accertamento dell’incapacità di intendere e volere di una persona non postula il totale azzeramento della sua capacità cognitiva, ma sussiste anche quando vi sia un perturbamento tale da impedire la completa comprensione, e dunque la consapevolezza, del contenuto e degli effetti degli atti negoziali che vengono compiuti. Nella vicenda presa in esame dai giudici, e riguardante l’azione proposta da un uomo per l’accertamento dell’incapacità di intendere e di volere del padre, l’annullamento della procura a vendere e la nullità, o almeno l’inefficacia, della vendita di un cespite, è stata esclusa la sussistenza di una patologia idonea, antecedente e persistente, capace di svolgere i suoi effetti al momento dell’atto, in modo permanentemente menomante. In particolare, è emerso che le condizioni psichiche dell’uomo furono caratterizzate dalla alternanza di fasi di compromissione cognitiva rilevante e di fasi di remissione, arrivando così ad una alternanza che non permette di identificare sulla di lui psiche gli effetti menomativi continuativi e permanenti di una patologia pur preesistente e genericamente idonea a determinare incapacità psichica. In sostanza, l’uomo è risultato vigile e lucido, e gli intervalli di lucidità risultanti dal diario clinico dell’uomo, descritto come orientato personalmente, temporalmente e spazialmente, sono sufficienti per escludere la sua totale incapacità. (Ordinanza 6598 del 28 febbraio 2022 della Cassazione)

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